Così sverna il tuo sole, sulla vetrina dei navigli, avvolta nella calda coperta di un sorriso che brucia.
D’inverno è sempre un po’ più dolce quel mi manchi.
Sonnecchia molle dentro pieghe di tessuto a quadri, naviga pozze solitarie e dolci di zenzero e anice stellato oppure allegro ciondola, di scintilla ardente nel crepitare acceso del camino.
Poco discosta l’uso del meriggio, di anno in anno replica la scena di me che guardo oltre un vetro su immaginari giardini inglesi coperti dalla neve.
Un viale intonso, breve e sulla porta ghirlande di vischio e nastri rossi.
Al davanzale brilla la luce calda di piccole candele, altezze diverse come i suoni su uno spartito e intorno agli occhi la pesantezza ad ogni tempo, traccia ogni volta un piccolo solco naturale che, manco a dirlo, si riempie del sottile rigagnolo che porta il tuo nome.
Ho bisogno dei miei piccoli riti in questo giorno, di assentarmi un attimo da tutto il resto , di rientrare a casa mia e da sola respirarne ogni voce.
Sembra quasi restituirmi piccole eco passate, dialoghi e propositi , frasi mai dimenticate come i tuoi occhi che mentono ogni volta, più veri forse dentro al pianto.
Ed è come se tutto questo fosse immobile galleria di ritratti e paesaggi o conservato come fogli d’appunti tra le pagine, in un disordine bizzarro di libri uno sull’altro, accanto al mio divano.
Come l’imbrunire identico di tanti anni fa, come ogni sera l’ultimo dell’anno ascolto ancora la stessa musica e ti parlo mentre là fuori il mondo mette l’abito da sera.
All’amore della mia vita.
Probabilmente non passerai di qui, e se mai fosse siediti accanto a me in silenzio… il tè è ancora caldo.